L’attenzione alla respirazione e l’insegnamento del pranayama sono spesso trascurati nello yoga moderno.
Tuttavia secondo lo yoga classico di Patanjali e per la tradizione dello Hatha Yoga e del Tantrismo l’uso controllato della respirazione è una acquisizione imprescindibile per procedere sulla via dello yoga.
Il termine pranayama – a seconda che lo intendiamo composto dalle parole prana (energia vitale) e yama (controllo) o composto dalle parole prana e ayama (espansione) – può essere tradotto come “controllo della energia vitale” o come “espansione o estensione della energia vitale”. Il grande maestro indiano Swami Satyananada Saraswati definisce le tecniche di pranayama come “il metodo tramite il quale la forza vitale può essere attivata e regolata per andare oltre i confini o i limiti individuali normali e ottenere uno stato più elevato di energia vibratoria e consapevolezza”.
Per eseguire in modo corretto e sicuro le tecniche di pranayama occorre una certa dedizione alla pratica attraverso una acquisizione lenta e graduale. In primo luogo è necessario diventare consapevoli e familiarizzare con la funzione respiratoria, imparare a percepirne i ritmi, le ampiezze, i flussi. Successivamente ci si dovrà esercitare per potenziare adeguatamente i muscoli e gli apparati respiratori (addominale-diaframmatico, toracico e clavicolare) attraverso specifici esercizi e posture. Solo a questo punto ci si potrà addentrare nella esecuzione dei pranayama sperimentando le quattro fasi della respirazione: puraka (inspirazione), rechaka (espirazione), antar kumbhaka (ritenzione a polmoni pieni del respiro), bahir kumbhaka( ritenzione a polmoni vuoti del respiro). Le fasi di trattenimento o sospensione del movimento respiratorio (i kumbhaka) sono nel pranayama le fasi più importanti e più difficili da eseguire. La loro esecuzione deve infatti avvenire in modo molto graduale portando il praticante a non entrare mai in affanno o in stati di agitazione mentale. Infatti lo scopo ultimo del pranayama – oltre ai numerosi benefici sul piano fisico, energetico ed emozionale – è di arrivare a produrre flussi respiratori così lenti, sottili e dolci da rallentare e quasi sospendere l’attivazione sensoriale generando una ‘quiete mentale’ che ci conduce verso gli stati meditativi.